In sede

 Mia divina forma,
ti chiami, brami quell’io,
che del vivere ne ghermì la trasparenza,
nei sensi plasmò la sofferenza,
mutando il delirio in parola chiave.
T’oscuri da te stessa,
adagiata in quelle voci,
offendi la lusinga che cela l’ironia…
sfuggi l’ira, t’aggrappi ad un’idea,
negli echi ricongiungi la tua via.

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