La lettera

LEI

Ti scrivo della mia sete,
della fame che assaporo.
Sei lontano
e l’irruenza dell’amore non si spegne,
si adegua al tempo, ai cambiamenti…
eppur non muta il tuo ricordo,
bensì, pretende il tuo rientro.
I giorni cadono,
insieme a loro vacillo anch’io.
Tra queste mura ormai deserte
è circoscritto il tuo pensiero.
La tua figura, come spirito si dissolve
nelle mie carni…
penetra nel buio della mia anima
ridandole la luce,
ritrovando così la forza di scriverti
e rinnovarti ancora tutto il mio amore.

 

T’amo esattamente come il primo giorno,
m’inchino anche ai beati tormenti.
Non pretendo il tuo amore… lo esigo.
Che il mio amore sia malato, lo riconosco.
Tuttavia il senno è stanco, la pazzia vicina e,
prima di cedergli, vorrei posare la ragione
sulle tue labbra, il sonno sul tuo viso.
Amore mio,
quando la ferocia rapirà il mio nome,
custodirò ancora un altro ricordo e,
che sia sordo o morto, riposerà con me,
in questa normalità che sto perdendo…
sperando che, nel profondo, avvertirò ogni tanto.

LUI

Mia amata,
trascino i giorni vuoti nell’attesa del nostro incontro.
L’amore sopravvive al nulla e all’insolito.
Tu sei, ogni giorno, il miracolo che mi grazia…
che mi fa sperare in un paradiso dal volto di donna.
Le tue parole mi turbano la mente e,
per quanto tu sia la croce che riflette l’apparenza,
il cuore mio t’appartiene, e la mia sobrietà
sarà la ragione che non offuscherà il tuo tempo.
Se la ferocia rapirà il tuo nome, nel mio troverà liberazione…
il sonno cadrà sulle certezze e, sul tuo viso,
la vita ricostruirà i ricordi, i tormenti bruceranno le illusioni.
E ti amerò di più, ogni volta che mi ucciderai,
perché, anche nella morte, il tuo amore
sarà per me la dannazione eterna.