Nei secoli, ancora

Dunque sei un Cristo di dolore,
che trema dinanzi ad anime gelate.
Le piccole-grandi guerre,
che lacerano madri mai fanciulle,
non ti rivelano, non suscitano un tuo sguardo.
Cosa cerchi? Cosa vuoi vedere ancora?
Anche gli angoli di questo mondo
sono incendiati,
niente ricorda più un incanto.
Prova adesso ad aprire il mare,
ci troverai solo contaminazione.
Torna indietro,
le lacrime sono sempre le stesse,
i simboli sono caduti…
il cielo è colmo di pietre.

Senza rumore

Non vidi il proibito,
ma solo il sorriso.
Non ebbi consensi,
mi persi.
Le parole furono amore,
le gesta menzogne.
E in ogni dove fu limbo,
in ogni quando, l’oblio.
L’addio fu l’ultima maledizione,
un’arma perfetta
per una doppia esecuzione.

Di te e di me
restano ancora parole illuse,
ricordi di strada
senza rumore.

Fino alla fine

Non cercherò altro calore
se non potrò invadere il tuo.
A un passo da te,
un respiro, ed è già casa.
Il richiamo del sangue
non si è mai spento,
complici dello stesso silenzio,
accarezzo l’essenza, senza toccarla.
E non bastano le lacrime
di ciò che è stato,
il rimpianto è interrotto
dallo stesso dolore.

Vivrai ancora, ed io sarò con te,
fino a nutrirci della stessa morte.

A mia madre

Fino al rimpianto

Effimero piacere sei tu, uomo,
che dall’odio hai estratto
perle d’astuzia,
dimorando nei miei incubi,
fino a domarmi e raggiungere
i tuoi intenti.
Sogno infernale, ora che t’amo,
malgrado la tua infamia,
contemplo la beltà che più m’aggrada.
Dagli abissi dei tuoi occhi
attingo alla speranza,
chiedendo al tempo una lacrima
che mi compianga.