Ladra di emozioni

Riciclo tutto ciò che mi
circonda.
A mani corte, scrivo,
appesa ad un inchiostro
che non è mio.
In bilico, guardo la fossa,
e di emozioni altrui
rubo il recinto.
Non mi scompongo,
la pelle m’avvolge in un tessuto
non estinto.
I morti li cancello,
e del dolore altrui
ne salvo il tempo.

Dedicata a tutte quelle persone che rubano opere altrui.

Sempreverde

Cade la pioggia in questo
giorno d’inverno.
Ed io son qui,
in questa stanza fredda
ad ammazzare il tempo.
Spettatori di veleno
i miei occhi, al buio;
portatori di speranze,
quando s’aprono alla luce.

Portami via in silenzio,
prima che la ruggine
sia la padrona
di questo pensiero.

Portami via, prima che la notte
si macchi di sangue.
Potrei restare,
ricordare i tempi di Sole,
quand’era bello morire
anche per le tue parole.

L’estate, l’odore del mare,
il bene che mi volesti
prima della fine.
Ora tremo, la pelle è corrosa,
consumata di pioggia.
Nella mente, la nebbia
offusca anche ciò che è rimasto,
lasciandomi un organo
consumato dall’odio.

Ancora vivo, con tutto ciò
che ho perduto;
circondata dal nero
degli specchi del passato.

Non s’arresta il cuore,
si tormenta morente,
ma non cede alla vita:
vive da parassita
per sperare in che cosa?
Magari che muoia
in una nuvola di malinconia.

No, non è da me invocare
la morte;
chi vive di ricordi
è già testimone d’un trapasso
presente.

Se ancora son qui,
c’è qualcosa che dura,
che mi fa saziare di questo
presente, e avere fame
di un futuro fuggente.

Non voglio correggere niente,
non sarei quella che sono
se non ne avessi le crepe.

Vorrei soltanto che il tempo
si tramutasse in un sogno,
dove trovare la pace,
ogni volta che la memoria
s’arrende.

Poesia tratta dal libro “Senza Tempo”