Inedia

Stanca di un segreto perduto,
di orme che ha dovuto lasciare,
dei lamenti invocati e mai uditi…
dei perché che continua a cercare.

È un fardello sposar la buona fede,
non è un credo, ma uno stonare,
ed è giusto fuggire e abbandonare.
Inerme ci si avvia ad educare
un per sempre e beato dormire,
rimembrando certezze acquisite
e trascorsi lasciati a morire.
Più assente del dolore,
come un filo conduttore
tra illusione e indifferenza.
Avvolta da una nuvola di fumo,
ti rinchiudi e non vuoi più conoscenza.

Immagine di Leslie Ann O’ Dell

Insieme

Tutto scorre velocemente,
tranne la sofferenza.
*
Cammino al tuo fianco
in questa prigionia
tra dolori strazianti
e sorrisi strappati.
E odo la tua voce laggiù,
senza risposte.
E non ho soluzioni,
non posso evitarti il male,
ma se potessi lo vorrei
dentro di me.
*
Resisti,
non metterà radici.
Reagisci,
devi farlo per noi.
*
E non c’è bisogno di parlare,
l’eloquenza del silenzio
è priva di cenni.
La notte è profonda,
la strada lunga…
ritroviamo la via,
andiamo avanti
insieme,
come sempre.

Paintings by Tran Nguyen - IGNANT

Immagine di Tran Nguyen

Attrito

Cerco il tuo volto nel cielo
ma vedo l’inferno.
Le spalle hai voltato,
tu, che sei clemenza,
l’angelo della speranza.
Non vedi la mia carcassa
che suda pene e dannazione?
Sarai tu a rimpiangere
di non aver teso la mano.
Tu, che sei uomo
prima di spirito,
ricorderai di non avermi guardato,
di non aver perdonato.

Ecco l’uomo
che ha visto perire
e la sua veglia
è stata solo silenzio.

Sarò innocenza, l’ennesima
impronta della tua indifferenza.

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Ed il cuore si sforza di insabbiare tutto.
Che si spenga dunque la luce da ogni partecipazione.
Per sedare la tempesta dalla potenza dell’ira,
bisogna distogliere l’anima dalla malvagità.

 

 

Tutto e Niente

Nel tempo senza tempo, Tutto aveva un lieto fine, e Niente era senza scampo.

*

“Tutto” era un barbone, un vecchietto molto simpatico con una lunga barba e un bastone tricolore, che all’occorrenza apriva come fosse un ombrellone. Era sempre allegro e trasmetteva allegria alla gente. I bambini lo adoravano, e tutti i giorni lo aspettavano all’uscita di scuola. Correvano verso di lui formando un cerchio ampio, si sedevano sull’erba del giardino e iniziavano a battere le mani. Tutto apriva il bastone-ombrellone, il quale si apriva di botto soffiando coriandoli a più non posso. All’orlo c’erano penzoloni tante palline dai mille colori, e ognuna di essa aveva disegnata una faccina buffa.
Lo strano oggetto iniziava a girare, e come per magia si udiva una musica allegra e gioiosa. Nessuno sapeva da dove provenisse quel suono, tuttavia non era importante, perché ciò che contava era solo l’armonia, l’unione che i bambini provavano gli uni per gli altri.

Prima di ritornare alle loro case, i bambini salutavano affettuosamente Tutto, e non dimenticavano mai di dargli qualcosa da mangiare: panini, frutta e dolcetti, presi dalla mensa scolastica, e soprattutto, non dimenticavano mai di dirgli in coro “ti vogliamo bene!”

*

“Niente” era una barbona, una vecchietta scorbutica e sempre imbronciata. Non dava confidenza a nessuno, sedeva ai bordi delle strade con una mano sempre tesa verso la gente, sperando in un po’di carità.
Un bel giorno, passando fuori dalla scuola elementare, vide lo spettacolo di Tutto; così le venne l’idea di imitarlo. In tutta fretta, si procurò un ombrellone da spiaggia, adornandolo con cianfrusaglie trovate in giro, così ogni volta che lo apriva, faceva un rumore stridulo e chiassoso. Naturalmente era un modo di attirare a sé i bambini.

Il giorno dopo, Niente si fece trovare fuori dalla scuola, occupando il posto di Tutto. Non appena udì la campanella scolastica, aprì di botto il suo ombrellone, e quel rumore chiassoso attirò immediatamente i bambini, i quali si accorsero subito che non era il loro amico.
Attratti e meravigliati dal frastuono che fuoriusciva dall’ombrellone, si avvicinarono a quella buffa vecchietta. Tuttavia, non si sedettero sull’erba, non applaudirono… e anche se quell’ombrellone non era bello come quello di Tutto, ai bambini piaceva moltissimo. Eppure, qualcosa frenava la loro allegria. Non sapevano nemmeno spiegarsi il perché. Di sicuro però, non percepivano né calore né armonia. Questo perché mancava un sorriso sul viso di Niente, non c’era sincerità nelle sue gesta… queste doti, purtroppo, non appartenevano alla natura di Niente.

Prima di ritornare alle loro case, i bambini salutarono affettuosamente Niente, le diedero da mangiare le stesse cose che di solito davano a Tutto. Queste gesta fecero sentire in colpa Niente, che chiuse il suo ombrellone guardando i bambini con un mezzo sorriso, provando vergogna di fronte all’onestà e alla solidarietà dei bambini
.
*

Nella vita, se hai tutto, ma ti manca il sorriso, non hai niente. Se non hai niente, ma hai un sorriso da condividere con altre persone, hai tutto… anche se sembra niente.

 

 

A volte

T’amo, a volte,
quando scende la sera
e la luce è soffusa
nella notte che resta.
Oscura e nefasta
divide i miei versi,
che commossi e maligni
mi mostrano fango
mischiato di stelle.
Al pensiero presente
sei un uomo migliore,
al ricordo lontano
solo un cieco dolore.

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Dipinto di Andrius Kovelinas

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Di se stessa

Non è la veste,
né i candidi contorni.
È il sacro simulacro
che regna nell’arcano.
Di se stessa, offre la mente…
duplicandone l’intelligenza.
Ingegno fine, mai onnisciente,
senza misericordia
si mescola alla gente.
Con le poesie
traccia il territorio…
circondandolo di vita,
narra agli altri la sua storia.

Adesso parlo io

La vita… la gente non sa nulla della vera vita, non l’ha mai vissuta profondamente, poiché non sa cosa sia la pace.
Io sono la verità! La liberazione!
Eppure, tutti hanno paura di me, persino Cristo… per istanti, fui il suo incubo peggiore.
Di me temete il nome, solo quello… me ne hanno affibbiati tanti e tutti inquietanti. Bisognerebbe pensare a me come un filo conduttore che trasporta in un regno sconosciuto, inesplorato, dove tutto ha un inizio e non più una fine.

Tutti si consolano pensando che i propri defunti rivivono nei loro ricordi. Bazzecole… i morti sono con me, in una dimensione che i viventi non possono oltrepassare. E poi, “defunti”, anche questo nome è inquietante, ma che cavolo! Tutto ciò che mi riguarda lo è! Dicevo: altro che defunti, si divertono come matti, specialmente gli anziani che si sentono rinvigoriti, me ne ritrovo tanti. I giovani invece sono pochi: da me, purtroppo, si giunge in tarda età (non sempre sia chiaro), ma dovrebbero “morire” prima loro. La disperazione di perdere un ragazzo nella vita terrena, lacera totalmente le famiglie. Se solo pensassero che i loro cari giungono nel mondo della salvezza, della “non morte”… ma non dico nulla, non posso espormi più di tanto… sono e devo restare un mistero.

Ritorniamo alla paura, al timore che incuto. È la vita che fa paura: le sofferenze, le malattie, le guerre, le carestie… tutte le brutture le potete trovare in lei, mentre io vi libero da tutti questi mali. Pensateci: io vi libero dall’agonia mentre la sofferenza più atroce vi sta lacerando. Naturalmente non potete sapere che anch’io dono la gioia, che posso regalare quei momenti estasianti che nel corso della vostra esistenza provate.
Quali momenti? Beh, dovete trapassare per darmi ragione, per sapere qual è la vera vita, che il riposo eterno non esiste.

Il problema per me è sempre stato il nome e l’immagine che mi hanno affibbiato: sono certa che se mi fossi chiamata “Candida” e non mi avrebbero immaginato con una falce impugnata, con un viso scheletrico ghignante, le cose sarebbero state diverse. La curiosità di dipartire avrebbe colto tutti e, di sicuro, avrebbero dovuto emanare una legge per non far suicidare le persone, oppure, inventare una tassa contro possibili imbrogli a mio danno.
Com’è ingiusta la vita eh? Con me lo è sempre stata, e comunque, non si può avere tutto da lei… naturalmente da me sì, poiché io sono la sua essenza vitale.

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